Tre ritrattisti della Belle Èpoque tra Firenze, Parigi e Londra
Il periodo de’ La Belle Èpoque che ha origine intorno al 1880 e termina con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale ha come protagonisti del panorama artistico tre grandi ritrattisti: Giacomo Grosso, nato a Cambiano nel 1860, Giovanni Boldini nato a Ferrara nel 1842 e John Singer Sargent, nato nel 1856 a Firenze da famiglia di origine statunitense.
Tutti e tre cresciuti in famiglie numerose, visitano, studiano od operano a Firenze, luogo di origine del Movimento Macchiaiolo, per poi soggiornare a Parigi, tappa imprescindibile per artisti dalla caratura internazionale e patria dell’Impressionismo.
Sargent viene descritto come “un americano nato in Italia, istruito in Francia, che assomiglia a un tedesco, parla come un inglese e dipinge come uno spagnolo” (Velasquez è tra i suoi modelli); egli venne inoltre definito “il Van Dyck dei nostri tempi” dallo scultore Rodin.
Boldini, che fa inizialmente parte del movimento dei Macchiaioli trascorre un periodo a Londra, ma lavora prevalentemente per Goupil, in Francia, dove viene appellato il piccolo “peintre italien de Paris”.
L’autore de’ “La Femme” esposta a Palazzo Mazzetti, quando la Belle Époque è irrimediabilmente conclusa, viene guardato invece come “lo splendido monumento ad esso sopravvissuto”, come avviene per Boldini al termine della carriera quando la vista ormai vacillava.
Lo stile: dalle influenze comuni agli aspetti più originali.
John Singer Sargent fa rientrare le ambientazioni esotiche nel proprio personale eclettismo artistico e in un’estetica già moderna, anticipazione di un’idea simbolista.
I suoi dipinti degli anni ’80 si distinguono per il realismo atmosferico creato grazie a illimitate tonalità con prevalenza di grigi.
Egli imposta a carboncino la luce, la disposizione del modello e delle principali masse, su cui inizia subito ad applicare pennellate di pittura spessa bagnato su bagnato, con colore puro senza medium. La rivelazione delle forme parte dal buio come se l’illuminazione progressivamente aumentasse. Giovanni Boldini si riconosce per l’eleganza, il dinamismo, la caratterizzazione psicologica e per il fatto che rifugge dalla ritrattistica più classica, pur essendo in parte influenzato da Degas.
I suoi dipinti virano verso soluzioni di linee e colori molto più ardite e dinamiche con vere e proprie sciabolate pittoriche; il ferrarese preferisce infatti pennellate lunghe, verticali o sinuose che delineano figure decisamente eteree, catturate nell’attimo in divenire. La potenza dei suoi ritratti è data sicuramente dall’espressività del viso, su cui si focalizza con precisione del tratto, e dalla scelta oculata di dettagli più sfumati e fluttuanti. La tavolozza è più chiara negli anni ’70 dell’800, ma nell’era post Goupil egli esplora tinte più scure (rosso, marrone e nero) sotto l’influenza di Frans Hals e Diego Velázquez (come nel caso di Sargent).
Giacomo Grosso ottenne importanti riconoscimenti che consolidarono la sua fama di artista alla moda e talvolta di pittore pompier, comunque elegante testimone del suo tempo. Ben presto diventa il ritrattista dell’aristocrazia e si dedica, saltuariamente a soggetti biblici e letterari. Con un soggiorno a Parigi si aggiorna sulla pittura impressionista, sull’esotismo (che influenza anche Sargent) di L. Alma-Tadema e approfondisce l’uso innovativo del pastello ispirato all’opera di De Nittis. Il pubblico gli riconosceva un sicuro virtuosismo e una fresca vena seduttiva, mentre la critica sottolineava uno stile ormai demodé e una certa pretestuosità dei riferimenti letterari scelti per i soggetti; certamente aveva <<facilità, morbidezza, prontezza e destrezza d’ingegno, d’occhio, di mano.>>