Giovanni Migliara nasce nel 1785 ad Alessandria dall’ebanista Pietro e svolge presumibilmente il suo apprendistato presso lo scultore Giuseppe Maria Bonzanigo a Torino; parallelamente frequenta i corsi di ornato e di architettura all’Accademia di Brera. Effettua il suo Tour per l’Italia e rimane affascinato da Roma e Venezia.
Nel 1804 lavora come scenografo, prima al teatro Carcano e poi alla Scala, sotto la direzione di Alessandro Sanquirico. Tra il 1808 e il 1810, a seguito di una grave malattia polmonare, è costretto a interrompere l’attività di scenografo, ma l’interesse per il mondo teatrale rimane, come dimostrano acquerelli e costumi ispirati a modelli medievali e orientaleggianti per tragedie e balletti.
Il M. si volse quindi alla produzione di opere da cavalletto e di piccolo formato, miniature su seta sottovetro (fixé) e su avorio. Variegata è infatti la produzione dal punto di vista tecnico: oli su tela, acquerelli, tempere e miniature, acqueforti, litografie ed illustrazioni.
Capricci ispirati al Settecento veneziano (da Canaletto a Guardi) e scorci tratti dal vero del territorio milanese e lombardo costituiranno due filoni costanti nella sua produzione. Dipinge vedute e interni di chiese e conventi con tagli prospettici accentuati e straordinari contrasti di luce, per cui la critica lo definisce il “nuovo Newton” .
Crescente fu il successo di critica e di ordinazioni, annoverando esponenti della nobiltà e dell’alta borghesia milanese, quali Gian Giacomo Trivulzio e Luigi Balsamo Crivelli. Diventa membro delle più importanti Accademie d’Arte del tempo e dal 1812 gli giungono le committenze di Re Carlo Alberto (che nel 1833 lo nomina suo pittore di genere) Maria Cristina di Savoia, del Granduca di Toscana Leopoldo II, della Duchessa di Parma Maria Luigia, dell’Arciduca Ranieri Viceré del Lombardo-Veneto e del Principe di Metternich. Nel 1831 riceve la neonata onorificenza dell’Ordine del Merito Civile di Savoia, con possibilità di essere ricevuto a corte.
Nel 1817 espose tre opere al Salon di Parigi e presentò a Brera il primo interno monastico, soggetto largamente ripetuto e richiesto. Tra il secondo e il terzo decennio dell’Ottocento il M. si affermò indiscutibilmente, nella vivace e sofisticata temperie culturale della Milano romantica, con un genere nuovo costituito dalla rappresentazione prospettica di monumenti urbani e di interni monumentali, prediligendo soggetti milanesi ridotti a minute dimensioni.
A partire dal 1818 si cimenta nella riproposizione di scene di genere in costume contemporaneo, secondo una moda diffusa in Francia, derivate dallo studio della pittura fiamminga e olandese del XVII secolo, che gli valse ulteriori manifestazioni di approvazione da parte del pubblico e della critica.
Nel 1823 intraprese un primo viaggio di aggiornamento in Toscana ed Emilia, cui seguirono soggiorni a Verona e Venezia; nel 1828 si trasferì in Liguria. Numerosi album e taccuini attestano il consistente materiale raccolto da cui derivarono vedute prospettiche dal vero e d’invenzione neomedievale, spesso arricchite da scene di genere o episodi storico-letterari di ispirazione romantica.
Dagli anni Venti sono documentati i contatti con il Piemonte. Nel 1823 il re Carlo Felice di Savoia acquistò, per il castello di Govone un quadro in stile fiammingo per il quale il Migliara ottenne in dono una tabacchiera d’oro contenente 30 luigi. La Corte di Madrid lo invita nel 1830 per l’illustrazione delle più importanti basiliche del paese, ma lui rifiuta per stare vicino alla propria famiglia.
Nel 1834 la sua produzione si arricchì di temi tratti da opere letterarie di Dante Alighieri e W. Shakespeare, quali Il conte Ugolino e Romeo e Giulietta che riflette, nell’accentuazione teatrale, tipiche istanze del gusto troubadour Il M. morì a Milano il 18 apr. 1837.
Pur abitando a Milano non rinnegò mai la sua cittadinanza piemontese. Rifiuta una cattedra a Brera, ma fonda una sua scuola di cui anche la figlia Teodolinda farà parte, insieme all’erede Luigi Bisi.
Secondo la cronaca i numerosi riconoscimenti ottenuti non abbiano mai mutato il carattere gioviale, schietto e modesto dell’artista, le cui opere si possono ammirare in diversi musei nazionali ed esteri.
Imponente è la raccolta custodita presso la Pinacoteca di Alessandria, completata a dell’imponente lascito della figlia Teodolinda, comprendente diciannove album di disegni e schizzi, alla morte dell’artista nel 1837.
LA CATTEDRALE DI ASTI DIPINTA DA MIGLIARA
La veduta con figure maschili, femminili ed un carro, mostra il lato meridionale del Duomo di Asti, con la sua mole gotica, ed il portico Pelletta. L’opera, firmata in basso a destra da Giovanni Migliara, raffigura la Cattedrale con una prospettiva ripresa dall’incisione di Gueston realizzata su disegno di Chapuy.
Caratteristiche del dipinto sono la precisione esecutiva ed una pittura liscia con illuminazione radente che prende spunto dalla tradizione fiamminga.
La datazione della tela agli inizi del quarto decennio si basa sulla presenza del pittore in Piemonte, a Torino tra 1829 e 1832 ed in base alle commissioni di acquerelli richiesti da Carlo Alberto di Savoia e alle vedute di Altacomba volute dalla regina Maria Cristina.
La presenza di Migliara ad Asti è inoltre documentata dal suo album di viaggio del 1832 in Piemonte e Savoia; in esso l’autore mostra attenzione per le scelte politico-culturali della dinastia sabauda sia in merito ai temi che alla qualità grafica.
Dopo aver visitato Chambery, Modane e Susa, l’artista esegue inoltre la bozza della casa di Vittorio Alfieri,schizzi del lato meridionale del Duomo, dei capitelli di San Secondo e dell’interno della Rotonda di San Pietro.