(1913-1985) DONAZIONE EDWIGE SCHUMACHER E MARCO BIONDA
RIGORE E SPERIMENTAZIONE
Le venti opere (dipinti, tecniche miste, disegni), eseguite dal 1959 al 1982, appartengono al “Fondo Mario Bionda” donato dalla consorte Edwige Schumacher e dal nipote Marco Bionda alla Fondazione Eugenio Guglielminetti, offrendo un’interessante rivalutazione delle stagioni creative del Maestro, dalla figurazione, coltivata negli anni Trenta alle lezioni accademiche di Felice Casorati, alla ricerca materica degli anni Cinquanta alle rarefazioni di forma e spazio, in autonome soluzioni informali.
Nell’allestimento, il polimaterico su tela “Sabbia e colore n.2”, datato 1959, presenta la natura ancora definita nel rigore spaziale casoratiano, ma stratificata nell’impronta organica delle materie porose, sabbia, gesso e argilla di fiume. Rivoli di acque sotterranee paiono emergere dalle atmosfere nebbiose e liquide delle brughiere padane: i dipinti di quegli anni scaturiscono dalla solitaria percezione della natura, racchiusa nella struttura post cubista e liricamente evocata da freddi toni azzurri ed ocra. I cicli polimaterici di quel “ misurato monologo lirico” vengono esposti alla Galleria milanese “Il Milione”, accanto agli sperimentatori di Brera, guidati da Ennio Morlotti e Luciano Peverelli, attivi con gli astrattisti piemontesi, lombardi e veneti.
Con i cicli “Erosioni”, l’impostazione cubista e neoplastica si accende di improvvise luci, commentate dal critico Franco Russoli ( 1958) “come la lucida e vigile coscienza” di fronte al mistero cosmico. La realtà si trasfigura sulla tela in graffiti cromatici: in “Immagine gialla”, polimaterico eseguito nel 1962, le superfici si compongono in armoniose rifrazioni tonali appena percepite come scorze dell’esistenza. La sensibilità di Bionda ricerca nella materia l’autenticità di un nuovo linguaggio espressivo, in cui immergere contemplazione ed immaginario, natura ed emozione. Alla sua giovane ispiratrice Edwige dedica l’intenso ritratto “ La mia musa” a tecnica mista su tela.
In “Luminosità del mare”, polimaterico su tela del 1972, lo spazio si dilata, recuperando frammenti di figura e brandelli di vita in grumi timbrici striati e filanti, sospesi tra la pura ricerca astratta e la consapevole lucidità della realtà, suggerita dai soggiorni marini a Riomaggiore. Con le nuove sequenze di “ interni” e “sogni” anche la tecnica a collage, a frottage (carboncino ed acquarello su carta) si fa più complessa, come guizzi luminosi di ocra, marrone, blu e celeste. Da “Senza titolo” a “ Sogno” a “Immagine bianca” si snoda “un fosco tormento” che accompagna l’artista a ricercare “un’unica immagine-emblema” nel labirinto interiore, tra visioni e inquietudini. “Grande ovale” , “ Lo specchio n.4” e “Figura nell’ovale” , disegni acquerellati e a tecnica mista documentano l’insistita ricerca linguistica dell’ultima stagione pittorica, tra disillusione e sofferenza fisica: lo spazio sempre più scabro e vuoto accoglie fuggevoli profili femminili, larve di memoria e calchi dell’esperienza. “L’arte è la libertà del creatore per lui, nient’altro che per lui e spesso contro gli altri..” scrive Bionda al gallerista Enzo Pagani. Nell’estate 1983 alcune sue opere sono selezionate a cura di Renato Barilli, Pier Giovanni Castagnoli e Franco Solmi per la rassegna “L’Informale in Italia. Mostra dedicata alla memoria di Francesco Arcangeli”, ordinata alla GAM di Bologna.
Dopo le recenti mostre postume ordinate in omaggio al Maestro nel 2010 e nel 2015 e l’allestimento patrocinato dal Comune di Milano “Mario Bionda. Immagini, erosioni, spazi” presso Casa Museo Boschi di Stefano nell’autunno 2021, l’attuale omaggio offre ulteriore occasione di conoscenza dell’intensa e complessa poetica del Maestro.
Cenni biografici
Nato a Torino nel 1913, allievo di Felice Casorati all’Accademia Albertina (1927-1932), Mario Bionda si dedicò allo studio di figura ed al motivo naturalistico, partecipando alla Biennale I. di Venezia (1930) ed alla Quadriennale di Roma (1935). Tra il 1933 ed il 1939 con la famiglia si trasferì nella campagna astigiana, compiendo interventi pittorici in collaborazione con Franco Parachinetto presso il Salone dell’Intendenza di Finanza di Asti ed esponendo alla Mostra d’Arte Astigiana (1937), quindi, dopo la partecipazione alla seconda guerra mondiale, si stabilì a Milano, condividendo lo studio con Alfredo Chighine ( Milano 1914- Pisa 1974).
Attivo nell’ambiente culturale milanese della Galleria “Il Milione” durante il decennio Cinquanta, espose alle rassegne nazionali: Quadriennale di Roma, 1955- 1959; Triennale di Milano, 1957; “Italia- Francia”, Torino 1959, testimoniando con originalità la sperimentazione delle aree lombarde nell’ambito dei linguaggi d’astrazione europei. Nel 1956 firmò con Ralph Rumney e Costantino Guenzi il “Manifesto Antiestetico”, quindi negli anni Sessanta concepì cicli pittorici dedicati alla percezione della natura e alla fisicità organica della luce, con impasti materici di sabbia, caolino, argilla mescolati a gamme tonali di ocra e bruni. I frammenti fluviali ed i dipinti “Erosioni” furono presentati a “Il Milione” di Milano nel 1958, con i commenti critici di Franco Russoli e Marco Valsecchi.
Ingresso compreso nello Smarticket.